La tripla M del BIM

Esplorando i confini del BIM

Tutti noi potremmo aver letto diverse spiegazioni sull’acronimo BIM: Building Information Modelling / Building Information Model / Building Information Management, ma la maggior parte non fornisce una spiegazione comprensiva del termine che è comunque in continua evoluzione. In questo post di carattere introduttivo cerchiamo almeno in parte di risolvere il problema provando a definire e comprendere i confini dei vari significati del BIM e la relazione che questi hanno tra di loro. Concetti che comunque devono essere collocati e interpretati all’interno del profondo cambiamento che la crescente digitalizzazione sta portando alle industrie manifatturiere (Industria 4.0) in generale e a quella delle costruzioni in particolare: banalmente potremmo dire che la digitalizzazione dell’industria altro non è che il risultato del sempre maggiore utilizzo di sistemi IT (Information Technology = Tecnologie Informative) avanzati nell’industria, in un momento storico e filosofico di aggregazione, condivisione e sensibilità economica ed ambientale.

I significati del BIM 

Nel dare una definizione univoca di BIM, troviamo delle difficoltà dovute al fatto che il significato è stato per molto tempo in continua evoluzione, addirittura prima che questo venisse adottato dall’industria. Oggi il termine sembra essersi in qualche modo rivelato in una “triade”, cioè la stessa sigla racchiude tre concetti concentrici e complementari. Per questo quando si parla di BIM bisogna innanzitutto fare attenzione a cosa con questo acronimo si vuole indicare. Esiste un significato di base comune, cioè i protagonisti sono sempre le Informazioni, in particolare quelle riguardanti il Building, cioè un ambiente costruito (opere civili o infrastrutture). Stabilito il significato della B e della I, la M custodisce i tre livelli: M può essere riferita al Modello, quindi la visualizzazione delle informazioni, cioè qualcosa di digitalmente concreto e consegnabile, M può riferirsi alla Modellazione, quindi l’insieme di tecnologie e processi volti a creare un modello contenente le Informazioni, oppure M può riferirsi a Management, cioè la gestione delle Informazioni durante tutto il ciclo di vita del Building / dell’ambiente costruito di nostro interesse.

Figura 1: I tre significati dell’acronimo BIM

Questi significati del BIM, sembrano essersi in qualche modo stabilizzati, e nel panorama internazionale, alcuni paesi e organizzazioni hanno sviluppato quadri normativi e mappe di processo per definire i Modelli, i processi di Modellazione e il Management delle Informazioni. A distanza di qualche anno, il BIM inteso nel suo senso più ampio sta dando prova delle sue tremende potenzialità, stimolando l’innovazione, riducendo la frammentazione della filiera e migliorando in definitiva efficienza ed efficacia dei progetti in cui è stato implementato.

Storia del termine stesso

E’ importante sottolineare che il termine BIM, anche se inizialmente non perfettamente definito, è concettualmente sempre stato all’interno dei confini delineati dalla triade sopra descritta. Per i ricercatori accademici, BIM, nelle sue diverse accezioni, è un termine abbastanza recente che rappresenta concetti molto più vecchi. L’accademia teorizzò sotto vari nomi e con diversi gradi la collaborazione dei professionisti della progettazione attraverso la creazione di un modello digitale 3D basato su oggetti parametrici, già dalla metà del 1980, mentre il termine BIM di per se è apparso diversi anni dopo, inizialmente adottato dalle industrie sviluppatrici CAD.

Figura 2: Termini dell’accademia per definire i concetti antistanti il BIM 

Per la maggior parte degli Stakeholder dell’industria (disegnatori, ingegneri, clienti, imprese di costruzione, gestori di impianti, governi, ecc…) il BIM risulta nuovo sia come termine che come concetto, ma altro non è che la maturità commerciale delle teorie sviluppate nell’ambito della ricerca accademica.

Le teorie accademiche cadevano sotto i più svariati nomi (Figura 2), ma alla fine l’acronimo BIM ha vinto su tutti i termini in competizione, in particolare questa sigla evidentemente accattivante e d’impatto è stata utilizzata dalle software house per reclamizzare la capacità dei propri applicativi di progettare in 3D. Gli ingenti investimenti in pubblicità tipicamente effettuati dalle software house, hanno quindi portato ad un sempre maggiore uso del termine soprattutto tra i clienti dei software di progettazione, cioè architetti e ingegneri. Ed è così che entra nel gergo il termine BIM, questo inizialmente indica la progettazione 3D (magari parametrica ed a oggetti), ma con il tempo, l’industria, gli accademici e i committenti espandono il significato della sigla con ciò che risponde ai propri bisogni. Fino ad arrivare ad oggi e poter interpretare BIM ad un terzo livello. Questo spiega almeno in parte la difficoltà che spesso hanno i progettisti a modificare ed ampliare il modo in cui intendono il termine BIM, infatti se fino a pochi anni fa BIM voleva dire modello o al massimo modellazione, oggi l’industria chiede le venga dato un significato più ampio, ossia di gestione delle informazioni tra la filiera e lungo tutto il ciclo di vita del costruito.

La nascita e lo sviluppo che il BIM ha avuto negli ultimi anni può far parlare di una vera e propria rivoluzione, infatti in soli 20 anni il BIM passa da essere argomento teorico da discussione negli uffici di ricerca universitaria, per poi diventare prodotto software, e quindi a spandersi nel mercato, fino agli ultimi anni nel quale committenti e governi di molti paesi lo richiedono rendendo possibile l’integrazione e il rinnovamento di un industria tipicamente frammentata e tradizionale come quella delle costruzioni. Questo percorso incredibile è stato stimolato da diversi fattori: in primis hardware sempre più potenti hanno consentito una maggiore capacità di elaborazione dati che di pari passo ha dato spazio a funzionalità sempre più complesse delle applicazioni software; la pesante crisi che ha investito il settore ha dato un forte stimolo al cambiamento, aumentando l’interesse verso nuovi soluzioni e tecnologie; e, dulcis in fundo, è stato creato e sviluppato un formato file aperto che ha permesso l’interoperabilità dei dati anche tra applicativi software di diverse case produttrici.